Il carnevale a Manfredonia ha un ruolo integrante della cultura dei popoli che si sono avvicendati sulle rive
del Golfo da oltre duemila anni, ovvero da quando nell’antica Sipontum si celebravano i baccanali.
Prova di
questi antichissimi riti a sfondo propiziatorio, diffusi dal II secolo a.C. dai romani con il culto di Bacco, ma di
origine greca analogamente al culto di Dioniso, si basavano su una mistificazione della realtà ed una
disinibizione totale dei costumi. Ciò è testimoniato dal ritrovamento nell’area di Siponto antica del busto di
una Baccante. Il carnevale ha mantenuto nei secoli la sua particolare “attualità” grazie alla capacità degli
abitanti di Siponto e di Manfredonia dopo, di adattarsi ai tempi, di interpretare i cambiamenti dei costumi,
di assorbire le evoluzioni culturali. Il tema ispiratore è stato sempre la ricerca di abbondanza e felicità con riti
goliardici fatti di trasgressione, promiscuità, scherzi e, dal tardo Medioevo, anche di mascheramenti per
l’assunzione di ruoli o di sessualità diversi: “Semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito
impazzire).
Il battesimo dell’Edizione il 17 gennaio, giorno di S. Antonio Abate “Sant’Antuon maschere e suon”, si svelava
l’anteprima della manifestazione e successivamente partiva la sfilata che attraversava le vie cittadine,
facendo tappa in taverne e cantine per mangiare taralli e bere vino. Il Carnevale durava tre giorni e si
concludeva con la pentolaccia (pignète). L’emblematico Carnevale di Manfredonia fu ideato da due grandi
personaggi, re della mimica e dell’arte della comicità. Il primo si chiamava Matteo Quirico in arte Sèponda a
Zìnghere che rappresentava la moglie di Carnevale, l’altro il re Carnevale (Zè Peppe), Giuseppe Murgia in
arte Scazzéte.
I due personaggi che lavoravano presso lo Sciale “Gli Zingari”, avevano voglia di fare baldoria
e d’accordo con gli altri villici costruirono uno spaventapasseri e dopo averlo imbrattato con succhi d’erba,
lo trasformarono in un bel pagliaccio che deponevano in atto di morte sulla carretta dotata di sedili da servire
al gruppo dei piagnistei, urlatori, lamentatrici e suonatori di tamburi a frizione. Quando l’allegra brigata
arrivava in città, gli artisti, che per l’occasione si erano dipinti i volti di bianco, cominciavano a piangere, a
gridare ed a strombazzare. La scena durava fino a tarda sera e gli artisti venivano ristorati da molti spettatori.
Ancora oggi continua la tradizione di portare in città il fantoccio “Zè Peppe”, simbolo del Carnevale di
Manfredonia la sera prima dei festeggiamenti, accompagnato da un corteo insieme alla sua
sposa: Sèponda. Il contadino rozzo ed allegro Zè Peppe giunge in città per festeggiare il Carnevale, simbolo
dell’istrionico atteggiamento, ignaro però delle fatali conseguenze delle sue notti brave di esagerato
divertimento, finisce per ammalarsi di broncopolmonite acuta (a pendûre) e muore l’ultimo
giorno di carnevale, pianto da tutta la cittadinanza. I funerali si celebrano il martedì grasso con la cremazione.
Tra le sfilate in programma:
la “Gran Parata delle Meraviglie”;
la “Gran Parata dei Carri Allegorici e dei Gruppi mascherati”
la “Gran Parata
della Notte Colorata” (sfilata notturna effettuata il sabato della “Pentolaccia”).
Contestualmente si svolgono
una serie di concorsi sul Carnevale. Dal 1960 si organizza il “Veglioncino dei bambini”, con la presentazione
di costumi e maschere artigianali e indossati dai bambini, recite, poesie, decorazione delle vetrine, pittura,
fotografia, percorsi enogastronomici e spettacoli di piazza. Venite a scoprirlo in questa ridente cittadina sul
Golfo in cui il divertimento è contagioso…