A cura di Filippo Avilia
A sessant’anni dalla stesura dei diari di Nino Lamboglia sulle sue attività di ricerca nell’area sommersa di Baia, si pubblicano, grazie al finanziamento del MIC, in forma anastatica i diari del Prof. Lamboglia corredati da planimetrie e foto dell’epoca, con i contributi di studiosi della materia che rendono il volume come una tavola rotonda sulla figura dello studioso ligure.
Il volume nasce con il patrocinio del MIC Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali, di Archeoclub d’Italia APS – Mare Nostrum, dell’Università IULM di Milano e dell’Istituto di Studi Liguri.
I diari del Prof. Lamboglia, oltre a rivestire un valore di testimonianza storica degli albori dell’archeologia subacquea in Italia, che vide in Baia uno dei centri promotori mondiali di questa disciplina, presentano ancora oggi un elevatissimo interesse scientifico da cui non può prescindere chiunque voglia affrontare uno studio complessivo dell’area sommersa di Baia. Nino Lamboglia, pioniere dell’archeologia subacquea, elaborò metodologie e sistemi di ricerca sul campo che rappresentano ancora oggi le fondamenta di questa disciplina. L’ampia documentazione grafica e fotografica a corredo dei diari, redatti in forma dattiloscritta, contribuisce ad arricchire il valore dell’opera considerando le strumentazioni disponibili in quell’epoca.
Il volume si divide in due sezioni la prima delle quali riguardante elaborati riferibili all’attività di Nino Lamboglia e allo sviluppo dell’archeologia subacquea a Baia con particolare riferimento a recenti progetti che si stanno sviluppando nell’area, con contributi di Filippo Avilia, Luigi Fozzati, Daniela Gandolfi, Fabio Pagano, Giovanna Rocca, Rosario Santanastasio. La seconda riservata alla stampa anastatica dei diari.
Questo volume costituisce un contributo per una migliore conoscenza dell’attività svolta in quei pionieristici anni e un grazie verso Lamboglia e tutti i pionieri dell’archeologia subacquea che operarono nel golfo flegreo. L’”homo novus” che lo studioso ligure auspicava e che in futuro avrebbe retto le redini dell’archeologia subacquea italiana, è in realtà i giovani che escono dalle Università e vedono nel nostro patrimonio sommerso una sfida: sia come ambito lavorativo, sotto forma di turismo, comunicazione, conservazione e musealizzazione, ma soprattutto come un nuovo elemento per la conoscenza della nostra storia.